Come funziona la sceneggiatura di Midnight in Paris
Dopo Anora, analizziamo un'altra sceneggiatura premiata con l'Oscar.
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Dopo il post sulla sceneggiatura di Anora, proviamo a dare un’occhiata a un’altra sceneggiatura vincitrice dell’Oscar di categoria: Midnight in Paris di Woody Allen. Come la volta scorsa, ci soffermeremo soprattutto sull’elaborazione della trama, che non è certo l’unico aspetto importante della scrittura cinematografica, ma è quello che è a mio avviso bene assimilare per primo.
Rispetto ad Anora, la sceneggiatura di Woody Allen è molto più audace sotto alcuni profili: l’arco di cambiamento del protagonista è più ampio (le sue convinzioni iniziali e il suo atteggiamento nostalgico vengono travolti dagli eventi); c’è un contrasto molto forte tra il mondo ordinario del protagonista (quello che lui considera il noioso presente) e l’universo in cui viene catapultato (i ruggenti anni ‘20, esplorati nella loro nicchia più luminosa e creativa); la tesi del film è molto netta (“Non è mai esistita un’età dell’oro, idealizzare il passato non ha senso”) mentre quella di Anora è più sfumata e ambigua.
Queste scelte forti a livello di drammatizzazione spiegano in buona parte il successo commerciale di Midnight in Paris.
Per approfondire questi temi (arco di cambiamento, tesi del film, conflitto centrale della sceneggiatura), potete leggere il capitolo 3 del Manuale pratico di sceneggiatura
Come fatto per Anora, cerchiamo di capire come si comporta la sceneggiatura di Midnight in Paris per quanto riguarda l’elaborazione della trama del film.
Anche la trama di Midnight in Paris ricalca “il Percorso” descritto nel capitolo 5 del Manuale pratico di sceneggiatura?
Direi di sì. Fatte salve le ovvie peculiarità di ogni film, anche qui le tappe del Percorso sono complessivamente rispettate. Come spesso accade nelle commedie di Woody Allen, il ritmo è accelerato e la durata complessiva del film resta sotto i 90 minuti (Il Percorso ha come riferimento la durata media di un film: 105-110 minuti).
Esaminiamo quindi le varie sequenze di Midnight in Paris e la loro collocazione all’interno delle sezioni del Percorso.
C’era una volta: I primi minuti del film introducono l’arena della storia (Parigi, la città più bella del mondo) e presentano tutti i personaggi principali legati al mondo ordinario del protagonista Gil, uno sceneggiatore di Hollywood in viaggio a Parigi con la fidanzata Inez e i genitori di lei. Gil adora a Parigi, soprattutto quando piove!, rimpiange di non esservisi trasferito in passato e vorrebbe farlo oggi. Sta scrivendo un romanzo il cui protagonista gestisce un Nostalgia shop, un negozio in cui vende oggetti e memorabilia del passato. La sua vera fissazione è la Parigi degli anni ‘20, quella di Modigliani, Hemingway e Picasso. Gil tende a “vivere nel passato” e crede che altre epoche siano state molto più felici rispetto a oggi. La sua fidanzata Inez si gode la vacanza ma è molto meno entusiasta all’idea di trasferirsi in Europa. A Parigi Inez incontra una sua vecchia cotta dei tempi del college, Paul, oggi stimato professore universitario, anche lui in città con la fidanzata.
La novità: L’evento che scuote il mondo ordinario di Gil, il momento che nel Percorso ho definito “la novità”, arriva al termine di una serata che i nostri vacanzieri dedicano alla degustazione di vini francesi. Gil, contrario all’idea di proseguire la serata in discoteca, affida la fidanzata Inez agli amici Paul e Carol e si incammina verso l’hotel, camminando per le vecchie strade del centro di Parigi. Ancora intontito dal vino, Gil sbaglia strada, si perde e, ormai stanco, si siede sui gradini di una chiesa. Al rintoccare della mezzanotte, un’automobile d’epoca si ferma lì davanti e lo invita a salire. Istantaneamente, Gil si trova trasportato nella Parigi degli anni ‘20. Incontriamo in rapida successione Cole Porter, Scott e Zelda Fitzgerald, Josephine Baker, Ernest Hemingway (che dice a Gil di portargli il proprio libro). Per ora abbiamo solo un assaggio dell’età del Jazz, perché ben presto Gil si ritrova di nuovo nel presente, ma questa piccola incursione ha già i contorni di una novità portentosa: forse la Parigi degli anni ‘20 che Gil ha sempre sognato non è relegata in un passato irraggiungibile.
Lo smarrimento: In ogni film la novità produce sempre un momento di smarrimento, la mattina dopo Gil non può credere all’esperienza che ha vissuto, teme sia stato un’allucinazione indotta dal vino bevuto. La sera successiva ritorna sui gradini della stessa chiesa, portandosi dietro la fidanzata Inez e promettendole una fantastica avventura, ma niente sembra accadere e ben presto la ragazza torna in hotel con un taxi. Gil rimane solo e deluso, in piedi col suo romanzo che avrebbe voluto consegnare a Hemingway, ma subito dopo udiamo le campane di mezzanotte e una vecchia automobile si ferma di fronte a lui.
L’imbarco: Quindi non era stata un’allucinazione alcolica. C’è davvero un modo per andare nella Parigi degli anni ‘20, basta recarsi a mezzanotte davanti a quella chiesa. Gil sale in auto entusiasta. Vuole vivere il suo sogno. Il momento dell’Imbarco è questo: lanciarsi in un universo che è per il protagonista un luogo ignoto.
Cose dell’altro mondo: Gil ha sempre fantasticato su quest’epoca, ma non è certo preparato ad affrontare le sfide insite in questa situazione. Riuscirà un semplice sceneggiatore di film commerciali a integrarsi in quella compagnia di artisti straordinari? Tramite Hemingway, Gil riesce a consegnare il proprio manoscritto a Gertrude Stein per un parere (nota: voi non avrete mai questa fortuna, ma potete avere il mio, di parere). Gil incontra Picasso e poi Adriana, l’affascinante modella e amante del pittore spagnolo, della quale non può non invaghirsi. Nel frattempo, quando durante il giorno passa il suo tempo nel 2010, Gil riesce a utilizzare alcune lezioni apprese “nel passato” per mettere in difficoltà il presuntuoso Paul, dalle cui labbra Inez sembra pendere. E intanto una piccola SOTTOTRAMA fa capolino: Gil incontra Gabrielle, la commessa di un negozio di modernariato con la quale nasce una simpatia basata sui gusti comuni e l’amore per Cole Porter. Di nuovo negli anni ‘20: Gil balla il Charleston con Djuna Barnes, passeggia con Adriana, scherza con Hemingway. Se prima era in soggezione con i maestri, adesso Gil si sente parte del gruppo al cento per cento e si permette perfino di prendere in giro Scott Fitzgerald (“Ti sta importunando, questo signore?”, dice scherzando ad Adriana). Come ripeto sempre, quando il protagonista diviene troppo a suo agio nel nuovo mondo e l’attrito svanisce, quando non è più un pesce fuor d’acqua, è il momento di fargli uno sgambetto.
Interruttore: Adriana scopre che Gil ha una fidanzata e sta per sposarsi. Offesa e rattristata, lo saluta e torna a casa da sola. Questo evento cambia tono alla storia. Dopo una serie di successi, Gil sta per scivolare lungo…
Il piano inclinato: questa fase della storia è di solito speculare alle “Cose dell’altro mondo”. Lì, le cose per il protagonista tendono ad andare sempre un po’ meglio: lo vediamo adattarsi al nuovo contesto fino praticamente a raggiungere il proprio obiettivo (nel caso di Gil, unirsi agli artisti e intellettuali cosmopoliti della Parigi che fu). Ma è sempre una falsa vittoria, perché non ha richiesto nessun reale cambiamento da parte dell’eroe, nessuna crescita caratteriale. Finché i difetti del protagonista non vengono corretti, una vera vittoria non può esserci. L’Interruttore è il punto centrale della sceneggiatura, inverte la tendenza generale degli eventi. Da questo momento in poi le cose per il protagonista vanno sempre un po’ peggio. Il piano inclinato è in altre parole la fase delle COMPLICAZIONI. Scena dopo scena vediamo emergere problemi di vario tipo: Gil si rende conto di amare Adriana e di averla perduta, è comprensibilmente confuso dal fatto di essere diviso fra due donne che vivono in epoche diverse (né Dalì, né Man Ray, né Bunuel, né Carla Bruni nelle vesti di una guida del Museo Rodin riescono ad aiutarlo); Intanto il padre di Inez, a cui Gil non è mai piaciuto, assume un detective privato per capire dove vada e cosa faccia Gil tutte le sere; come se non bastasse, Adriana sparisce, pare sia andata in Africa con Ernest Hemingway per vedere il Kilimangiaro; e Gertrude Stein ha letto il romanzo di Gil e lo critica duramente per la sua morale disfattista. Questo è il…
Martedì nero di Gil, il momento del “tutto è perduto”, quello in cui il protagonista sta persino peggio rispetto a quando la storia è iniziata. Non è riuscito a imporsi nel circolo dei grandi artisti, si è innamorato di una donna corteggiata dai più grandi artisti del ‘900, mentre nel presente aumentano i suoi contrasti con Inez (l’unico sorriso in questi giorni glielo regala Gabrielle, la commessa che gli vende un altro disco di Cole Porter). Ma se i successi al termine della fase “Cose dell’altro mondo” sono sempre una falsa vittoria, il martedì nero è sempre una falsa sconfitta. E infatti il destino sta per lanciare a Gil…
Il salvagente: Passeggiando malinconicamente lungo la Senna, Gil trova da una bouquiniste un vecchio libricino che sembra scritto proprio da Adriana, qualcosa di simile alle “Memorie di una modella” di Kiki de Montparnasse1. Torna dalla guida del museo Rodin per farselo tradurre e scopre che Adriana era innamorata proprio di lui. Si riaccende la speranza. Se riesce a ritrovare Adriana, e se riscrive il romanzo seguendo le indicazioni di Gertrude Stein, forse può ancora trovare un posto in quel mondo scintillante.
La vigilia: Adesso sappiamo che Gil proverà a riconquistare Adriana. Questo sarà il cuore della risoluzione del film. Tra il “Salvagente” e quello che io chiamo il “Superbowl” (la battaglia finale che decide il destino del protagonista) nei film c’è sempre un cuscinetto di qualche minuto in cui le scene sono dominate da una sensazione di attesa e di preparazione. È un modo per creare curiosità e per far riflettere lo spettatore sulla posta in gioco. Vediamo Gil comprare degli orecchini per Adriana (ha letto di questo suo desiderio nel libro), portare a Gertrude Stein la nuova versione dei primi capitoli del suo romanzo e scoprire che Adriana è tornata a Parigi, dopo aver rotto sia con Hemingway che con Picasso. Adesso è da sola alla festa di matrimonio di un pittore surrealista.
Il superbowl: Gil trova Adriana alla festa e utilizza le informazioni apprese dal libro per riconquistarla. Lei: “Non stavi per sposarti?” Lui: “È tutto un po’ per aria al momento. Non so cosa succederà”. Lasciano la festa. In strada lui la bacia, le dà gli orecchini. In quel momento arriva una vecchia carrozza che li conduce... nella Parigi della Belle époque, l’età dell’oro non di Gil ma di Adriana (che è piuttosto snob circa il suo presente degli anni ‘20). Un ballo da Maxim, poi il Can Can al Moulin Rouge, dove i due incontrano Toulouse-Lautrec e poi Edgar Degas e Paul Gauguin. Per Adriana nessuno dipinge come questi artisti della Belle époque negli anni ‘20. Non Picasso, né Matisse. Per Gauguin e Degas, invece, la generazione della Belle époque è vuota e priva di immaginazione: avrebbero voluto vivere nel Rinascimento. Offrono ad Adriana un lavoro come costumista per il balletto, il suo sogno. Adriana apparta con Gil: “Restiamo qui, è l’inizio della Belle époque,l’era migliore che Parigi abbia mai conosciuto!”. Gil: “E gli anni ‘20? E il Charleston e i Fitzgerald e Hemingway? Adoro quei ragazzi!” Adriana: “Ma è il presente, è noioso…”. Gil capisce che Adriana sta cercando di scappare dal proprio presente proprio come lui voleva scappare dal proprio, e come Gauguin e Degas vorrebbero, potendo, raggiungere Michelangelo e Tiziano nell’Italia del Rinascimento. Dice ad Adriana che, se lei restasse lì, presto questo diverrebbe il suo presente, lo troverebbe noioso e inizierebbe a fantasticare su altre epoche. Il presente è così, è insoddisfacente “perché la vita è insoddisfacente”. Ma non la convince, per lei la Belle époque è imbattibile. Dovrà apprendere da sola la lezione che Gil ha ormai imparato. Si dicono addio. In una nota più lieta, Gertrude Stein approva con entusiasmo il nuovo incipit del libro di Gil e lo sprona a comntinuare su questa strada. Il libro è piaciuto anche a Hemingway, il quale ha pure intuito dalla nuova trama autobiografica ciò che Gil non sembra ancora aver messo a fuoco nella realtà: Inez ha una relazione con l’amico Paul. Tornato nel presente, Gil rompe con Inez, che confessa il tradimento. Il “Superbowl” ha fatto il suo dovere, ha risposto a tutte le domande centrali della storia: il mondo di Gil non sono gli anni ‘20, la storia d’amore con Adriana non ha un futuro, il matrimonio con Inez è cancellato.
Il bacio della buonanotte: negli ultimi minuti del film abbiamo il tempo di osservare brevemente il nuovo equilibrio della storia. Come spettatori siamo sempre curiosi di sbirciare nel futuro dei personaggi e sapere che fine faranno. Gil non torna in America, resta a vivere Parigi, nella Parigi del 2010. Una sera, mentre passeggia sul Pont Alexandre III, sente ancora una volta i rintocchi delle campane di mezzanotte, quelle campane che nelle settimane precedenti davano il via alle sue avventure notturne. E anche stavolta sembrano annunciare una piccola magia: in quel momento Gil incontra Gabrielle, la ragazza del negozio di modernariato, e si offre di accompagnarla a casa. Quando inizia a piovere, la ragazza dice che non è un problema bagnarsi. Anzi, Parigi è più bella sotto la pioggia. Che è sempre stata la tesi di Gil. CHe sia lei la donna giusta?
Midnight in Paris non è la migliore sceneggiatura di Woody Allen, è sbrigativa in alcuni punti e leggermente didascalica in altri. Ma le cose che fa bene, le fa veramente bene. Alla fine è impossibile non amare questo film, che è stato scritto dal suo autore alla soglia degli 80 anni.
Nessuna recensione del film che io abbia mai letto cita Kiki, modella dei grandi pittori di Montparnasse e poi amante e musa di Man Ray, come ispirazione per Adriana. E di certo il temperamento di Adriana non è quello incandescente di Kiki, ma alcuni dettagli del personaggio sono a mio parere presi proprio dalla Regina di Montparnasse. Tra questi, il libro autobiografico di cui Gil entra in possesso.