Verità controintuitive e altre ironie
10 regole per sceneggiatori ispirate da un articolo sui Nepo babies.
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In tempi normali, le verità ovvie non interessano a nessuno. Essendo alla luce del sole, sono già state rivelate troppe volte da troppe persone e costituiscono delle semplici banalità. La grande sfida, per ogni autore, è quindi quella di individuare e poi rivelare al mondo non soltanto una grande verità, ma una verità nascosta ai più, spesso una verità controintuitiva che apra gli occhi del pubblico su delle realtà fino a quel momento insospettate.
La ricerca di una verità controintuitiva da affermare con la propria sceneggiatura occupa da sempre i pensieri degli sceneggiatori più ambiziosi, che tenderanno per questo ad assumere la forma mentis del bastian contrario. Il loro problema è riassumibile nella regola n°1 delle dieci contenute in questo post: non basta dire il contrario di quello che dicono tutti gli altri per essere Galileo Galilei. Bisogna anche avere ragione. E in tempi normali questo è uno ostacolo considerevole.
Fortunatamente, vivere nel 2025 semplifica moltissimo questo problema. Basta accendere la tv o aprire il sito di un giornale per capire che viviamo in un Primo d'aprile permanente. Le sciocchezze più assurde vengono presentate come ovvietà incontestabili, e per fare la figura del bastian contrario illuminato basta andare da Joe Rogan e dire che, a ben vedere, Winston Churchill è un essere umano migliore di Adolf Hitler. Ora, come cittadini questo stato delle cose non è il massimo. Ma come drammaturghi alla ricerca di verità da rivelare al mondo, credetemi, questa è l'età dell'oro. Regola n°2: mettetevi a scrivere adesso. La pacchia non durerà per sempre.
Uno degli argomenti riguardo ai quali ho talvolta esercitato un moderato bastian-contrarismo è quello dei cosiddetti Nepo babies dell'industria cinematografica, i figli delle star che hanno per diritto di nascita un accesso privilegiato al mondo del cinema, anche se poi solo in pochi casi riescono a eguagliare la popolarità dei genitori. Il primo motivo del mio bastian contrarismo in questo dibattito che definiremo eufemisticamente "di secondaria importanza" è senz'altro che gli appassionati di questa battaglia hanno spesso una visione morale che è riducibile a un hashtag di Twitter.
E questa potrebbe essere la regola n°3: la visione morale di un autore è importante, deve avere un suo spessore anche in una sceneggiatura disimpegnata, e deve tener conto delle tante sfumature di tutte le cose umane. Nel caso in questione, ad esempio: è possibile che, se tuo padre è Kirk Douglas, tu finisca con l'imparare due-tre cose sulla recitazione sin da ragazzo? È possibile che, se tuo padre è Francis Ford Coppola, tu abbia pranzato la domenica con un sacco di gente in grado di insegnarti due-tre cose sul cinema? È possibile che, se tua madre è Judy Garland e tuo padre Vincente Minnelli, tu sviluppi un talento per i musical? È possibile che, se tua madre è Janet Leigh o Kim Basinger, tu abbia buone possibilità di migliorare, se non il film, almeno il poster del film?
E poi, da un punto di vista sociale, qual è l'alternativa alla carriera attoriale di questi figli di miliardari? Andare a sfruttare il loro potere economico in settori più delicati della vita pubblica? Se sono tutti dei bamboccioni arroganti e privi di talento, non è un'ottima ragione tenerli il più a lungo possibile su un set cinematografico, anziché in parlamento o a capo di Confindustria? Regola n°4 per sceneggiatori: ricordatevi sempre che sono solo film, e i film contano giustamente molto per voi ma relativamente poco per le altre persone.
Chiudo l'arringa difensiva ricordando che, quand'ero al liceo, se una ragazza menzionava un film con Melanie Griffith, non perdevo occasione di informarla del fatto che la madre di Melanie era tra le preferite di Alfred Hitchcock. E mi piace pensare che un liceale di oggi, tra una lezione e l'altra, possa giocarsi le sue carte intervenendo in una conversazione per dire che la mamma di Dakota Johnson ha lavorato con Brian De Palma, Jonathan Demme, Mike Nichols. Regola n°5: le piccole curiosità aggiungono qualcosa all'esperienza dello spettatore medio, fosse anche solo un minuto di gossip. Ed è ipocrita affermare che l'industria nel suo complesso non ne benefici affatto. Tenetene conto, nei vostri progetti.
“Ha il fascino algido di sua nonna,Tippi Hedren, e l’indole ammiccante e birichina di sua madre. Se questo è il frutto del nepotismo, forse ce ne serve di più” (Stephanie Zacharek - Time magazine).
La regola n°6 discende dal fatto che le insurrezioni da social network di solito scarseggiano di ironia e, come avrete letto nel capitolo 3 del mio Manuale pratico di sceneggiatura, l'ironia è alla base della drammatizzazione, che è il cuore del vostro lavoro; non solo nelle commedie, anche nelle storie drammatiche. L'ironia si trova nello story concept di Schindler's list (pensateci un secondo: una storia sull'Olocausto in cui l'eroe è un membro del partito nazista. Adesso capite cosa intendo quando dico che più una tragedia è grande, più la sua verità è ovvia, più difficile è renderla una storia efficace, e più utile sarà un approccio controintuitivo).
La prossima regola non ha niente a che fare con l'articolo sui Nepo babies, ma portate pazienza: ogni volta che menziono questa cosa dell'ironia, poi penso sempre che devo bilanciarla con un altro concetto, e invece non lo faccio mai perché ho già scritto troppo. Stavolta la metto per iscritto, che mi aiuta anche ad arrivare a dieci regole che ho messo avventatamente nel titolo di questo post.
Ho preso questa regola molti anni fa da una citazione di Robbie Robertson, leader di The Band (un gruppo che i cinefili ricorderanno per il film L'ultimo Valzer di Martin Scorsese o perché il loro capolavoro, The weight, è stato usato nel film Il Grande Freddo). Questa citazione è un monito a evitare che tutto questo lavoro sull'ironia, il paradosso, la controintuizione, così utile nell'impostazione dei conflitti e nell'organizzazione della trama, insomma tutto questo procedimento puramente intellettuale, non faccia perdere al vostro lavoro una caratteristica fondamentale che è quella dell'immediatezza.
Dovete sapere che The Band ha suonato spesso con Bob Dylan e Robbie Robertson un giorno gli disse questo: "Ascolta 'When A Man Loves A Woman'. Quella canzone mi piace di più di tutte quelle che suoniamo noi. È emozionante. Le nostre canzoni sono argute. Non mi interessano le cose argute. Cerchiamo di tirar fuori qualcosa di emozionante".
Regola n°7: Cercate l'immediatezza. Tirate fuori qualcosa di emozionante.
(Nota: non sto sostenendo che le canzoni di Bob Dylan non siano emozionanti)
Ma torniamo ai Nepo babies...
L'argomento migliore della critica ragionata alle dinastie hollywoodiane è che, se vogliamo offrire allo spettatore il prodotto migliore possibile, non possiamo deviare da una selezione strettamente meritocratica del cast tecnico e artistico. È una tesi che accolgo volentieri (a patto che poi sia davvero quello meritocratico il criterio di selezione).
Qualche settimana fa, però, mi sono imbattuto in un articolo sul Guardian che, parlando del figlio di Arnold Schwarzenegger e della sua performance nella serie The White Lotus, mi sembrava suggerire (solo suggerire, non arrivava a esplicitarlo) un'ulteriore accelerazione nella guerra santa ai figli di cotanto padre o madre: se anche Schwarzenegger Jr. fosse stato l'attore migliore per il ruolo, lo sarebbe stato in virtù dell'aver potuto studiare recitazione per anni, a tempo pieno, con i migliori insegnanti della California, mentre nelle stesse ore gli altri aspiranti attori erano costretti a lavorare come camerieri part-time. In virtù di questo svantaggio strutturale, è quindi tra questi ultimi (deduzione mia) che avrebbe comunque dovuto essere scelto l'attore a cui affidare il ruolo.
Ora, c'è sicuramente un pizzico di verità in questa analisi. E non voglio certo sminuire l'importanza della democratizzazione dell'accesso al cast di The White Lotus (anche se, a onore di quella produzione, devo mettere a verbale che un attore non-figlio-di-Schwarzenegger mi disse un paio di anni fa di aver ottenuto un ruolo nella stagione "siciliana" della serie con un semplice provino su Zoom), c'è sicuramente un pizzico di verità, dicevo, però a questo punto non posso fare a meno di chiedermi: non è che stiamo perdendo di vista l'essenziale? I diritti dello spettatore contano ancora qualcosa o siamo diventati tutti sindacalisti a tempo pieno degli attori hollywoodiani di umili origini? La regola n°8 per autori d'ogni sorta è la seguente: mentre scrivete, pensate un attimo anche ai diritti e ai gusti del pubblico. In un paese in cui consumatori e contribuenti ricevono pochissime attenzioni, sarebbe un bel gesto.
Non dare il ruolo al miglior attore disponibile sulla base di un’accusa di nepo-babismo è come non comprare il pane al miglior forno del quartiere perché è troppo facile per quel ragazzo farlo così buono, essendo egli cresciuto in panetteria.
Un altro motivo per cui questo tipo di crociata twitterata non mi attrae è che in filigrana vi si può un atteggiamento perdente, quello dell'"è tutto un magna magna", che pur avendo qualche indubbio aggancio alla realtà, alla fine è molto utile a giustificare i propri fallimenti e poco utile a ottenere dei risultati concreti.
Regola n°9: come autori, non concedetevi troppi alibi. Resistete alla tentazione di lamentarvi quando le cose vanno male e poi, quando vi troverete in una circostanza fortunata, quando il destino concederà a voi un piccolo privilegio immeritato (senza ovviamente calpestare attivamente i diritti di altri), fate come quei calciatori a cui viene concesso un rigore per un fallo non troppo evidente. Tiratelo dentro senza troppi rimorsi, angolato e a mezz'altezza, dove il portiere non può arrivare. Raggiunto l'obiettivo, ricordatevi della fortuna avuta, siate generosi, evitate di tirarvela.
La decima e ultima regola che possiamo trarre dalla diatriba sui nepo babies è che, come autori, dovete scegliere con cura le battaglie per cui immolarvi. Dedicare le proprie energie alla presa della nepo-bastiglia è infatti abbastanza ridicolo. Ma è lecito sostenere che aver dedicato un post così lungo alla sua difesa non depone esattamente a mio favore ("vedete come l'ironia e il paradosso ritornano sempre", disse tentando di nobilitare ciò che non può essere nobilitato).
Ma qualcuno doveva pur farlo e allora l'ho fatto io, per un pugno di clic.